Il segreto giapponese per confezionare regali senza carta che sta cambiando le feste italiane

Durante le feste, ormai è facile imbattersi in case piene di pacchi dai colori sgargianti. Però, spesso, l’impatto sull’ambiente di come sono confezionati resta enorme. La carta regalo, con la sua vita brevissima e destinata quasi sempre a finire nella spazzatura, fa aumentare i rifiuti nelle nostre case. Da qualche tempo, però, una tradizione radicata in alcune zone del Nord Europa sta piano piano conquistando anche l’Italia: è un’alternativa più concreta, meno pesante per il pianeta. E non si tratta solo di ecologia: l’involucro diventa parte del regalo, qualcosa che dura anche dopo che il pacco è stato aperto.

Una tecnica tradizionale che rivoluziona il packaging

Il furoshiki, una pratica che arriva dal Giappone, cambia davvero la prospettiva sul packaging dei regali. La base è semplice: un quadrato di stoffa – può essere un foulard, un canovaccio o altro tessuto naturale – niente a che vedere con i materiali usa e getta. Mettendo il pacco al centro della stoffa, spesso girandola in diagonale, si creano nodi precisi che chiudono il pacco in modo saldo e riutilizzabile. Ecco il trucco: l’involucro diventa parte preziosa del pacco.

Chi vive in città ha notato bene come, nel periodo natalizio, i rifiuti aumentino in modo rilevante. Bene, spesso la causa sono abitudini difficili da lasciare. Il furoshiki, pur essendo una tradizione lontana, risponde con un gesto pratico. Più che ridurre l’impatto ambientale, fa riflettere su un modo diverso di donare, un gesto più consapevole e, diciamo, significativo, soprattutto nelle grandi città dove la gestione dei rifiuti è un problema quotidiano.

Il segreto giapponese per confezionare regali senza carta che sta cambiando le feste italiane
Il segreto giapponese per confezionare regali senza carta che sta cambiando le feste italiane – assisteresrl.it

I materiali e il passo passo del confezionamento

Per confezionare il pacco con il furoshiki ci vuole una stoffa quadrata. Di solito, per regali piccoli, una dimensione di 50×50 cm fa il suo dovere. La stoffa? Meglio optare per cotone o seta: non solo belli da vedere, ma anche resistenti e riutilizzabili più volte – e questo, non è poco. Posizionare il regalo al centro con i lati della stoffa in diagonale facilita il lavoro con i nodi.

Si prendono i due angoli opposti e li si annoda sopra il pacco, formando così la prima chiusura. Poi, con gli angoli rimasti, si fa il secondo nodo: il pacchetto resta stabile e ben presentato, senza dover ricorrere a nastri o colla. Un dettaglio spesso sottovalutato: questa tecnica si adatta a quasi tutte le forme, da un libro a una bottiglia, persino a oggetti dalla forma più irregolare.

Chi si è avvicinato al furoshiki scopre subito la sua versatilità: la stoffa, piegata con cura, si trasforma persino in un manico per trasportare il regalo. Ecco dunque un involucro che diventa anche accessorio funzionale, adatto a chi vuole un dono originale e, allo stesso tempo, più sostenibile.

Un nuovo modo di concepire il dono

Alla base del furoshiki c’è un cambio netto nel modo di guardare l’imballaggio: niente più semplici “involucri usa e getta”. Il tessuto stesso diventa una sorta di secondo regalo, un messaggero di attenzione, sia verso l’ambiente che verso chi riceve il dono. Invece di finire nella spazzatura, offre una seconda vita. Stranamente, questa novità trova sempre più spazio nelle città italiane, segno che la voglia di scelte eco-sostenibili cresce.

Le metropoli, con la loro urbanizzazione crescente e il problema – serio – dei rifiuti, sembrano il terreno ideale per far fiorire questa pratica. Il tessuto, spesso decorato o scelto con un tema preciso, aggiunge un valore emotivo e pratico al gesto del donare. Un cambiamento che parla anche di responsabilità, ma senza perdere quel tocco di cura e bellezza.

Insomma, il furoshiki sfida l’abitudine di confezioni lucide e usa e getta, proponendo una soluzione semplice, ma dalle conseguenze concrete. Le città italiane, dalle parti di Milano ma non solo, stanno cominciando a integrarla nelle loro tradizioni. Un piccolo gesto – ecco, proprio così – con effetti tangibili sull’ambiente e sulla cultura del dono.